Giovanni Brusca è tornato a parlare dell’omicidio e lo scioglimento nell’acido del piccolo Giuseppe Di Matteo in un libro che uscirà il 19 settembre. “Mi sono chiesto tante volte cosa significa chiedere perdono per la morte del piccolo Di Matteo. Non lo so. Mi accusano spesso di non mostrare esternamente il mio pentimento, ma io so che per un omicidio come questo non c’è perdono“, dice il pentito di Cosa Nostra.
Brusca parla in un lungo dialogo con don Marcello Cozzi, prete lucano impegnato da decenni sul versante del disagio sociale, nell’educazione alla legalità, nel contrasto alle mafie e nell’accompagnamento ai pentiti di mafia e ai testimoni di giustizia.
Nessuno scontro sul passato di Brusca
Un confronto dove non ci sono sconti sul passato di Brusca e la perdita di tante vittime innocenti, tra le quali il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli uomini della scorta. Inoltre don Cozzi guarda anche alla sofferenza di Caino: “Mi porto la ferma convinzione che ‘uno così’ resta una persona, nonostante tutto, nonostante il male commesso, la morte procurata, il dolore profuso, perché – lo dico da subito – non intendo rassegnarmi all’idea che in fondo la prima vittima di un carnefice è lui stesso“, sottolinea l’ex vicepresidente di Libera.
La reazione della mamma di Giuseppe Di Matteo
“Rispettiamo le leggi e le sentenze dello Stato. Ma Giovanni Brusca non potrò mai perdonarlo. Mi ha ucciso il figlio che conosceva bene e con cui ha giocato a casa. Nel mio cuore come posso perdonarlo?”. Lo disse all’ANSA la madre del piccolo Giuseppe Di Matteo, Franca Castellese attraverso il suo avvocato Monica Genovese che spiegò anche i motivi del mancato perdono. “Non c’è mai stata una forma di pentimento pubblico per quello che ha fatto. Durante i processi Brusca non ha mai chiesto scusa alla famiglia per un delitto – sottolinea l’avvocato – che non è solo un omicidio di mafia ma un crimine orrendo”.
È questa la storia che tormenta anche Santino Di Matteo, stanco di passare da un tribunale all’altro: “Dopo trent’anni mi fanno ancora testimoniare ai processi. Io vado per dire quello che so. Ma a che cosa serve se poi lo stesso Stato si lascia fregare da un imbroglione, da un depistatore?”, affermò il papà di Giuseppe ai microfoni del Corriere della Sera.