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martedì, Aprile 16, 2024
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Scopre di essere positiva al Covid dopo il parto al Policlinico, madre costretta a dividersi dal figlio

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Apprende della positività al Covid due giorni dopo aver dato alla luce suo figlio rimanendo per 48 ore nel reparto di Ginecologia. Con il rischio, inconsapevole, di contagiare le altre mamme. Non solo: a seguito dell’esito del tampone è costretta a restare lontana dal neonato che viene portato al nido senza sapere quando potrà rivederlo. Una vicenda che può rientrare nel lungo novero delle varie difficoltà del sistema sanitario campano nel prendersi cura dei pazienti – non per negligenza o volontà ma per mancanza di mezzi, strutture e un numero adeguato di personale – ha come protagonista principale suo malgrado Rachel Y. L. giovane donna di 24 anni di origine cubane, assistita da alcuni mesi dal centro culturale e sociale Sgarrupato di Montesanto che l’aiuta anche perché sprovvista del permesso di soggiorno permanente.

La storia

La 24enne viene ricoverata al Policlinico Federico II il 31 ottobre e in quell’occasione il test rapido alla quale si sottopone attesta la sua negatività al Covid. Alle 4 del mattino di domenica 1 novembre Rachel mette al mondo D., un bambino di 3,8 kg tornando successivamente al reparto di Ginecologia con il piccolo. A due giorni di distanza però, in data 3 novembre, la neomamma viene a sapere di avere il Coronavirus. Non presenta sintomi, ma viene comunque trasferita al quarto piano del Policlinico in cui c’è il reparto per donne partorienti positive allestito nei mesi scorsi. Da quel momento, la donna non vedrà più suo figlio portato in isolamento al nido per evitare qualsiasi tipo di rischio.

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Da venerdì sera è in isolamento a casa di un conoscente. Il bambino, invece, resta ancora al nosocomio dell’area collinare dal quale la donna è invece stata dimessa. Rachel ha raccontato ad InterNapoli.it delle presunte anomalie nella gestione della situazione.

«Lunedì sera 2 novembre mi hanno portato alla sala Covid di ginecologia dove però c’erano solo i ginecologi e nessun virologo. Nella sala non si capiva niente, non sapevano dirmi molto. Se lì vengono portate delle donne positive al Coronavirus, perché nessun esperto in materia si è fatto vedere? Potrei aver infettato anche altre mamme e non lo so, anche i loro figli per sicurezza sono stati messi nel nido». Stando a questa tesi, ci sarebbero stati ipotetici errori nella gestione della situazione.

La quarantena in atto per il Covid

Come accennato in premessa, se fosse così, è colpa del poco personale a disposizione? Di strutture non sempre adeguate? Sono soltanto supposizioni e lungi da noi accusare in questo caso l’operato del Policlinico senza prove concrete. Semplicemente raccontiamo una storia figlia del tempo particolare vissuto con tutte gli annessi e connessi del caso. Rachel aggiunge: «Io volevo fare la quarantena in ospedale ma mi hanno detto che non si poteva, che in questo caso sono previste le dimissioni anche per fare posto ad altre e quindi da venerdì sera sono in isolamento domiciliare senza che sappia sul serio cosa stia accadendo a mio figlio, le comunicazioni con l’ospedale non sono sempre tempestive».

Attualmente suo figlio D. si sta sottoponendo al ciclo di 4 tamponi e non c’è notizia, fortunatamente di una positività al Covid del neonato. Intanto, l’ansia di Rachel comunque sale. «Devo aspettare i tempi dell’Asl anche per l’altro mio tampone che ovviamente spero sia negativo, non posso affidarmi alle richieste di un medico curante che non posso avere vista l’assenza del permesso di soggiorno e in questo momento così difficile si rischia di attendere tanto. Il mio bambino deve fare ancora dei tamponi, non so ancora bene se è al riparo dal Covid. Quando lo rivedrò?».

La vicinanza dello Sgarrupato

E poi c’è l’altro aspetto della questione, la precaria condizione sociale di Rachel. Ester Sessa, che insieme a Luigi Volpe, Oksana Oliynyk, Bianca Verde ed Angela Parlato (queste ultime due consigliere municipali) dello Sgarrupato s’è presa, ricorda come «il papà (italiano ndr.) che ha concepito il bimbo non l’ha al momento voluto riconoscere. Rachel si è affidata a noi dopo aver ricevuto uno sfratto. Si parla della mancanza di sufficiente personale ospedaliero ma intanto una giovane 24enne non solo rischia di essere in difficoltà per crescere suo figlio ma al momento brancola nel buio sulle condizioni del piccolo per mancanza di notizie. È inaccettabile tutto questo».

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