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mercoledì, Aprile 24, 2024
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Soldi per i carcerati, condanna al ribasso nell’appello bis per i ras dei D’Amico

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Tre anni e otto mesi di reclusione. Questa la decisione presa dalla Corte d’Appello di Napoli (VI sezione penale) a carico di Salvatore Taglialatela (difeso dagli avvocati Leopoldo Perone e Antonio Rizzo) e Mauro Cirullo (difeso da Giuseppe Perfetto). I due ras, indicati come organici al clan D’Amico di San Giovanni a Teduccio, hanno dunque ottenuto un considerevole sconto dopo l’annullamento della loro precedente condanna avvenuto in Cassazione sull’imputazione di estorsione consumata (leggi qui l’articolo). La condanna era relativo ad un episodio estorsivo che vedeva coinvolti i due imputati in merito ad una richiesta di denaro per i carcerati. Secondo l’accusa (l’inchiesta è del 2018) gli uomini del clan D’Amico di San Giovanni a Teduccio creavano società ad hoc ed emettevano fatture per lavori inesistenti. Fatture che poi venivano fatte liquidare a degli imprenditori vessati per ‘fare un regalo ai carcerati’. Per la Procura in questo modo si cercava di far passare per ‘pulite’ operazioni che avevano come base una società, intestata a un prestanome, ubicata all’estero.

L’escamotage creato dai D’Amico di San Giovanni a Teduccio

Dalle indagini emerse che il boss D’Amico aveva creato una società, la “Gip Metallica”, intestata a un pre­stanome, con sede all’estero e conti correnti attivi in diverse banche e attraverso di essa faceva riciclaggio ed estorsioni agli imprenditori facendo fatture false e tra l’altro non pagando neanche l’Iva e quindi danneggiando due volte le imprese. Il biglietto in cui si chiedeva al familiare dell’imprenditore di pagare il bonifico era rivolto a padre e figlio originari di San Giovanni a Teduccio ma da anni trasferiti a Parma dove avevano messo in piedi una società di Impiantistica. L’assoluzione per il reato estorsivo da parte del Supremo Collegio è frutto delle argomentazioni dei difensori degli imputati che hanno dimostrato l’assoluta estraneità rispetto alla richiesta estorsiva che, come dichiarato dalle parti offese, proveniva dal solo boss Salvatore D’Amico ed in assenza degli imputati. Già in precedenza la Corte d’Appello di Napoli aveva derubricato le rimanenti ipotesi di tentata estorsione nel reato di violenza privata, per le quali la Cassazione aveva rinviato alla Corte di Appello di Napoli per la rideterminazione della pena. Rideterminazione che è arrivata nei giorni scorsi con un ulteriore sconto per i due ras con l’ulteriore revoca delle misure cautelari.

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