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venerdì, Aprile 19, 2024
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I familiari delle vittime vedono in tv Igor il russo: “No al processo pubblico”

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Igor l’inafferrabile per la prima volta è stato di fronte ai familiari di una delle sue vittime. Ma Francesca e Emanuele Verri, i figli di Valerio, volontario morto l’8 aprile 2017 mentre era di pattuglia nelle campagne ferraresi, si sono dovuti accontentare di guardare l’imputato in uno schermo televisivo. Le loro parole, prima e dopo l’udienza in tribunale a Bologna, sono di amarezza, impotenza e rabbia soprattutto verso uno Stato da cui si sentono abbandonati: “Purtroppo forse fa più scalpore un omicida con un colore di pelle nera piuttosto che Igor”, hanno detto, attaccando soprattutto l’ex ministro dell’Interno, Marco Minniti che li aveva incontrati. “Non voglio un processo pubblico” è invece una delle poche frasi pronunciate in italiano dal serbo, al secolo Norbert Feher, dal carcere di Saragozza, dove si trova da dicembre, e risuonate nell’aula a porte chiuse, quando gli è stato chiesto se acconsentiva alla presenza dei giornalisti.

Il giudice Alberto Ziroldi ha disposto un rinvio a fine novembre, quando dovrà pronunciarsi sulla richiesta della difesa dell’imputato di rito abbreviato condizionato a una perizia psichiatrica. Saranno acquisite le analisi fatte in Spagna. “Puntiamo sulla seminfermità mentale”, ha detto l’avvocato Cesare Pacitti al termine di una veloce udienza tecnica di un processo in cui ‘Igor’ risponde di 11 capi di imputazione: i più gravi, gli omicidi del barista di Budrio Davide Fabbri durante un tentativo di rapina e l’agguato in cui fu assassinato Verri e rimase gravemente ferito l’agente di polizia provinciale Marco Ravaglia. E se la vedova di Fabbri, Maria Sirica, ha preferito non venire in udienza per non rivedere l’uomo che le uccise il marito e che lei stessa si trovò davanti la sera del primo aprile 2017, Francesca e Emanuele Verri hanno scelto di esserci. “Siamo qui – hanno spiegato – perché ha ucciso nostro padre. Assassinio che si poteva evitare. Siamo qui per assistere ad un processo in tv perché lo Stato non è riuscito a prenderlo e ha fatto altre vittime in Spagna. Allora il ministro Minniti ci fu comunque vicino. Oggi invece si è dimenticato di noi probabilmente perché Igor non ha la pelle nera”.

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Uno a fianco all’altro, erano accompagnati dall’avvocato Fabio Anselmo, già difensore dei familiari di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi. La loro battaglia contro le Istituzioni che non avrebbero fatto abbastanza per proteggere il volontario, prosegue: hanno fatto ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo e hanno superato la soglia di ammissibilità. Sostengono che la zona in cui è stato ucciso il padre doveva essere interdetta già dopo l’omicidio di Fabbri e che gli investigatori sapevano che lì si aggirava il killer. Proprio negli acquitrini tra Bologna e Ferrara ‘Igor’ fece perdere le proprie tracce dopo i delitti, nonostante la caccia all’uomo di migliaia di carabinieri. Il serbo rispuntò tra le montagne dell’Aragona a dicembre, ma prima di essere preso, svenuto dopo essersi schiantato nella fuga, aveva ucciso tre persone, altre due ferite in modo grave. Finire sulla strada di ‘Igor’, la loro unica colpa.

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