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giovedì, Luglio 10, 2025
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“Uno sguardo innocente”, la recensione del noir psicologico di Paola Iannelli

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Scandagliare e sondare la verità, nella varietà degli abissi e delle sue versioni sociali, è pratica ben riassunta nell’intrigante noir psicologico: “Uno sguardo innocente” di Paola Iannelli. 

Docente di lingua e letteratura spagnola, Iannelli esprime il suo daimon (δαίμων) creativo grazie alla scrittura.

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Chi è Paola Iannelli?

Paola Iannelli, docente e scrittrice, è autrice di più componimenti, segnalati da premi e riconoscimenti di valore culturale. Uno dei suoi romanzi si aggiudica il primo posto nella sezione dei testi editi del premio “Publio Virgilio Marone” nel 2023. Pubblica per la Homo Scrivens due romanzi: “Il paradiso non ha un angolo retto” e “Amarga”. È arrivata finalista a “Garfagnana in giallo” nel 2022, e ha riscosso una soddisfacente vittoria nel contest “Racconti all’ultimo minuto” nel 2023 con il racconto intitolato “Al di là del giardino”.

Inoltre, si occupa anche di giornalismo esercitando la professione attraverso la gestione della rubrica “Magma letterario”, la rivista on line “Quicompiflegrel”, e la partecipazione nel gruppo di blogger della redazione “Thrillernord”. Queste esperienze costellano le sfere portanti del suo sistema e gusto letterario, portandola a scrivere una tesi di dottorato sul noir partenopeo post moderno, genere verso cui la scrittrice incanala ispirazione, conoscenza e realtà.

“Uno sguardo innocente”

“Uno sguardo innocente” è un noir psicologico. Come è consuetudine ricamare riferimenti nella realtà fisica, per diretta corrispondenza ciò avviene, se non, addirittura, in modo più trasparente, tra un titolo e la sua storia. Le radici che si innervano e si intrecciano lungo tutta la narrazione danno origine ad un arbusto compatto, in cui ogni diramazione ha il suo perché. Ulteriore riferimento esplicativo è il breve sottotitolo: “Un delitto misterioso agita il cuore di Napoli”. Da ciò si traggono dei noccioli consistenti: un delitto, Napoli e un mistero nodoso da srotolare.

La voce e i silenzi dei personaggi

Ad avere l’onere di combinare gli stralci dissestati di ciò che è stato: la brigadiera Titta Longano e il maresciallo Vittorio De Mattei, ai quali si aggiungerà il giornalista di cronaca nera Gegè Scognamiglio. Tutto ha inizio quando alla brigadiera viene recapitata una lettera misteriosa, dal contenuto perentorio ma non azzardato, al confine tra il detto e non detto forse per paura, consapevolezza dell’indiscrezione o mero egoismo.

Una lettera che è niente ma è tutto: il punto di partenza

Il mittente non si conosce ma il messaggio non può essere ignorato: una morte turpe, truce e all’apparenza priva di motivazioni e per questo ancora più crudele vede come vittima un ragazzino disabile: Gabriele, paralizzato dalla nascita a causa di una malattia degenerativa. Chi avrebbe mai potuto fargli del male? Si può davvero pagare un prezzo così alto pur essendo innocenti? Questo è uno dei dilemmi che la lettura propone al lettore, delucidando la fitta rete, talvolta incomprensibile, che i sentimenti umani sono in grado di tramare, per un senso totalmente soggettivo di giustizia e pace.

Un personaggio a tinte fosche: “Il Corvo”

La pace… Uno dei motori di questo libro; ogni personaggio, infatti, afflitto dai propri mostri cerca quello stato di tranquillità interiore ma a volte, soprattutto quando i propri piani vengono smossi dalle turbolenze dell’imprevisto, l’aspettativa viene macellata e al suo posto subentra il rancore per ciò che non potrà più essere: questo è il caso del “Corvo”. Il Boss più temuto del Lotto Zero, di Ponticelli, dell’intera Napoli; un uomo impavido, estremamente bello quanto crudele ha vissuto, sempre, al di là di tutto, con la convinzione di poter decidere i movimenti, gli attimi di respiro, di tetra quiete, gli occhi aperti e gli occhi chiusi di tutti.

Un macabro contrappasso, però, gli farà sperimentare per la prima volta, durante la sua esistenza, l’impossibilità di scegliere. Colpito irrimediabilmente in una sparatoria resterà anch’egli paralizzato, come Gabriele, imprigionato in una pesante armatura di carne e ossa di cui, forse però, a paragone, i pensieri gravitavano di più.

C’è veramente un cattivo della storia?

L’unica premura che Gerardo Scardia, detto “il Corvo” aveva avuto era per Kira: madre di Gabriele; la sola donna che avesse realmente amato. Non sentendosi più all’altezza, tormentato da un silenzio coercitivo, aveva fatto in modo che si sposasse con un uomo prestigioso: l’avvocato Arturo Tripodi. Così le avrebbe assicurato la felicità che meritava, o almeno credeva che sarebbe andata così. Nonostante le sue buone intenzioni, infatti, la vita di Kira sprofonderà, atterrita da una depressione soffocante: un figlio malato e un marito che nasconde segreti inconciliabili con la luce del sole. Lasciata sola, tra quelle mura, è costretta a fare i conti con una morte che ad intervalli sempre più ridotti sembra sopraffarla.

Il Corvo e Gabriele

I nessi tra queste due figure sono molteplici eppure, la concordanza che non richiede deduzioni sinergetiche particolari è la paralisi dei loro corpi. Così simili ma, infondo, così diversi. L’uno immobile agisce per rancore, l’altro immobile agisce per conoscere e far conoscere. Gabriele, pur essendo, anche secondo Kira estraneo alla vita, vincolato a quel letto, incapace di correre e giocare, di vivere la vita che tutti si aspettano… viveva. Lui trovava nella musica, grazie all’ ausilio di un monitor oculare, la sua connessione con il mondo esterno.

Anche il Corvo faceva necessariamente uso di queste apparecchiature sanitarie adibite da un tecnico: Vesevo, figura quasi inosservata, dall’interiorità rocambolesca, tormentata ma allo stesso tempo farraginosa, costituirà un tramite particolare tra i due personaggi. A differenza di Gabriele, però, Il Corvo agirà solo per vendicarsi, per decidere della vita altrui quasi volendo compensare il senso di inadeguatezza nel non poter decidere per se stesso.

I volti femminili

  1. L’infermità di Gabriele e del Corvo grava indirettamente su Kira. Relegata tra quattro mura estranea alla sua bellezza di un tempo, consumata e prosciugata dall’ indifferenza, da una vita agiata ma sterile che non aveva scelto, ricaverà dal dolore e dalla sofferenza perenne un po’di male. Perché pur se è possibile, scegliere il bene è cosa difficile. Inoltre restare positivi, quando tutto attorno è buio, riduce la possibilità di credere che si possa accendere, ancora, una luce, e così d’un tratto, ci si trova persi nei pensieri, mentre l’azione è già innescata e il rimorso dietro l’angolo.
  2. Destino altrettanto difficile tocca a Jenny esiliata dal suo luogo del cuore: Napoli, per sfuggire alla cattiveria della Camorra, costretta a cambiare identità, perdere se stessa e lottare per riaversi, per riavere la vita che sognava. Abbatterà i limiti e sfiderà il tempo che passava e si posava, vano, sul suo volto. La sua dinamicità le consentirà di riaversi, come un tempo, come prima, forse, però, più bella, più libera.
  3. La triade delle donne è coronata dalla brigadiera Titta Longano: temeraria, coraggiosa, intelligente… La sua forza d’animo e la bravura nel suo lavoro la rendono una donna ed una lavoratrice apprezzata e indipendente. Farà più volte i conti con i propri dubbi, sia con quelli in relazione all’omicidio del piccolo Gabriele sia con quelli della propria vita privata, equilibrando dopo riflessioni e impulsi, amore e carriera.

Il messaggio del libro: Risorgere dalle difficoltà

Si tratta di donne diverse; diverse per aver vissuto esperienze uniche e singolari; ciò che però le accomuna è la virtù e la forza che da questa deriva di poter scegliere di affrontare l’apnea dell’ oblio tornando infine a respirare. Infondo come svela in punta di piedi Paola Iannelli, attraverso una frase, quasi fulminea ma di cui il libro è irradiato: <<…devi crescere e crescere significa soffrire, tienilo a mente Ari’>>. In effetti, la sofferenza, ci fa comprendere l’autrice, è l’ordigno più invasivo, che impetuoso si espande nell’animo umano. Spetta a chi lo nutre e lo aziona capire come farlo esplodere per evitare distruzioni e divisioni favorendo nuove e più belle visioni.

“Uno sguardo innocente”: linguaggio e stile

Paola Iannelli realizza nel suo ultimo romanzo: “Uno sguardo innocente”, tutti i capisaldi letterari, necessari per assaporare capitolo dopo capitolo un noir degno di nota. La fitta trama di eventi e connessioni, ordita con elegante sapienza, dona linfa agli eventi narrati che ondeggiano in una suspanse costante e incalzante che tiene viva l’attenzione del lettore, volgendo i suoi pensieri in direzioni spaiate e sorprendenti per i ricorrenti colpi di scena. Non danno parola solo i fatti, la scrittura di Paola Iannelli da voce ai personaggi, alle loro realtà, ai desideri e alle paure che emergono nei periodici discorsi diretti. La prosa scorrevole si accosta di buon grado ad un linguaggio forbito che sa essere descrittivo senza togliere spazio al susseguirsi dinamico degli eventi. Il tutto è incorniciato in una riflessione costante che innalza quelle realtà quotidiane ad esempio conoscitivo di vita e a miglioramento sociale e personale.

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