Movida, giovani, armi e droga. I Carabinieri sono impegnati nei controlli notturni in tutta la provincia, non solo a Napoli, nell’ambito dei servizi volti al controllo dei giovani per frenare la diffusione di armi.
Sono le 4 del mattino e ci troviamo a Castellammare di Stabia. I militari della locale compagnia stanno setacciando la zona e osservano i ragazzi della movida quando salta all’occhio un giovane che passeggia a via Napoli. Ha 19 anni – poi si accerterà che è anche incensurato – e il suo atteggiamento cambia quando vede i carabinieri.
Il controllo appare scontato e inizia la perquisizione. Il 19enne ha agganciata alla cinta dei jeans un’arma. Si tratta di una pistola giocattolo modificata con all’interno un caricatore pieno di 15 colpi calibro 9×17.
Trovata la pistola, i carabinieri estendono la perquisizione anche a casa del 19enne. Lì vengono rinvenuti e sequestrati 113 grammi di hashish e un altro caricatore con 7 colpi.
Il 19enne è stato arrestato, deve rispondere di detenzione illegale di arma da fuoco clandestina e detenzione di droga a fini di spaccio.
POTREBBE INTERESSARTI – Dalla pistola allo scooter, la famiglia Correra contro Caiafa: ”Renato sta raccontando bugie”
Non solo la bugia sulla pistola che ha ammazzato Arcangelo Correra, ci sarebbe anche quella sullo scooter utilizzato per portare l’amico ferito in ospedale prima che morisse. Sono diversi i punti oscuri che il Gip del tribunale di Napoli Maria Gabriella Iagulli contesta al giovane Renato Caiafa, accusato dell’omicidio del suo amico. La visione delle immagini delle telecamere di sorveglianza ha dimostrato che il giovane era stato portato in ospedale in sella ad un motorino che poi è stato trovato, sporco di sangue, poco vicino il nosocomio. Caiafa aveva dichiarato che lo scooter apparteneva alla vittima ma dagli accertamenti fatti risulta invece intestato ad un altro soggetto ed usato anche da pregiudicati legati ad ambienti camorristici.
A sollevare dubbi è anche il cugino di Caiafa. I dubbi sulla versione fornita da Renato Caiafa per la morte di Arcangelo Correrà non riguardano, infatti, soltanto gli investigatori e gli inquirenti ma sono anche quelli dei familiari del giovane ucciso in piazza Sedil Capuano. Il cugino di Arcangelo, intervistato ha sostenuto che Renato Caiafa non starebbe dicendo tutta la verità:”Renato sta dicendo un sacco di bugie. Non è vero che Arcangelo ha detto ‘rimani con me’. È morto all’istante, io per lo choc me ne sono scappato perché non riuscivo nemmeno ad alzarlo”. A precisa domanda se Arcangelo scherzava con Caiafa dicendogli di sparare il giovane è stato perentorio:”No, no, non ha sparato intenzionalmente ma non può dire che la pistola non sapesse fosse vera. Sta negando la morte di Arcangelo e ci fa capire che non era suo fratello. Noi siamo i fratelli di Arcangelo”.
Proprio la pistola è la chiave dell’inchiesta: gli investigatori non credono che la pistola sia stata trovata sulla ruota di un’auto in sosta e poi agli inquirenti appare strana la circostanza che Caiafa, dopo aver accompagnato Correrà in ospedale, abbia avuto la lucidità di avvisare lo zio e chiedergli di recuperare la pistola. Come riportato dal gip nel decreto:”Che senso avrebbe avuto recuperare l’arma se fosse stata rinvenuta per caso?”.
Il Gip non crede alla versione di Caiafa: “Non è verosimile la tesi del ritrovamento casuale dell’arma, abbandonata sulla ruota di un’autovettura. I fatti sono avvenuti di notte, l’arma è nera e, dunque, mai sarebbe stata visibile, qualora abbandonata al di sopra di uno pneumatico — a sua volta nero – al di sotto della carrozzeria dell’auto E, anche a voler ammettere che l’arma fosse stata lì nascosta, solo chi ne avesse conosciuto il posizionamento preciso avrebbe potuto vederla, tanto più che il Caiafa diceva che quell’arma era la prima volta che l’aveva scorta sulla ruota”.
L’arma, inoltre, è risultata essere un’arma clandestina che ha un enorme valore di mercato, tanto più se si consideri che era anche un’arma modificata. “Nessuno avrebbe lasciato un’arma carica, considerato il suo valore, per strada alla libera apprensione da parte di terzi. Di certo, non si può ritenere che taluno se ne fosse sbarazzato, in quanto la
criminalità tende ad acquisire il possesso di questo tipo di armi, difficilmente riconducibili ad un possessore e di certo non le abbandona, dopo averle pagate. Si tratta di armi che possono essere usate mille e mille volte ancora, proprio perché, in quanto clandestine, sono difficilmente ricollegabili ai delitti commessi e ai loro autori L’arma, inoltre, era di certa provenienza delittuosa”. L’arma aveva la matricola abrasa ed era stata modificata e non era di certo stata acquistata liberamente sul mercato, non potendo nessuno di quei ragazzi legittimamente detenerla.