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Caso Garlasco, la sconvolgente ricostruzione: “Stasi è innocente, non entrò in casa il giorno dell’omicidio”

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A quasi vent’anni dall’omicidio di Chiara Poggi, emergono nuove dichiarazioni destinate a riaccendere il dibattito pubblico e mediatico sul delitto di Garlasco. Massimo Lovati, legale di Andrea Sempio, ha espresso in una recente intervista televisiva la sua convinzione: Alberto Stasi non sarebbe mai entrato nella villetta di via Pascoli 8 e tanto meno sarebbe stato l’assassino della giovane fidanzata.

Secondo l’avvocato, ospite della puntata di Dritto e Rovescio andata in onda giovedì 5 giugno, il racconto fornito da Stasi ai carabinieri il 13 agosto 2007 presenta troppe incongruenze. Lovati sostiene che l’ex studente della Bocconi sarebbe stato indotto a mentire da presunti mandanti dell’omicidio.

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Le incongruenze nella ricostruzione di Stasi

Stasi riferì di essersi recato nella villetta di Chiara Poggi preoccupato per il suo silenzio, e di aver scavalcato il muro di cinta per entrare in casa. Ma Lovati contesta la verosimiglianza di questo episodio: “Quel muro è alto due metri, non è un gesto immediato né naturale. E se davvero era così preoccupato, perché non ha prima chiamato amici o parenti della ragazza?”

Il legale sottolinea inoltre che non furono rilevate impronte o tracce di Stasi sul muretto, elemento che secondo lui mina ulteriormente la credibilità della versione dell’allora 24enne.

Il dettaglio delle scarpe e il volto di Chiara

Nel corso dell’ispezione interna all’abitazione, Stasi avrebbe camminato in aree in cui erano presenti abbondanti tracce di sangue. Tuttavia, una perizia – citata da Lovati – ha rilevato che le scarpe indossate quel giorno erano intonse, prive di macchie, incompatibili quindi con la scena descritta.

Altre discrepanze emergono nella descrizione del cadavere: Stasi parlò di una “parte bianca del viso” della vittima. Ma, come fa notare l’avvocato, il volto della ragazza era completamente coperto di sangue, rendendo improbabile la percezione di tale dettaglio.

Dubbi sulla chiamata al 118 e la porta a soffietto

Anche il comportamento di Stasi subito dopo la scoperta del corpo solleva interrogativi. L’allora fidanzato di Chiara chiamò il 118 mentre si recava dai carabinieri. “Perché – chiede Lovati – non ha atteso i soccorsi sul posto?” Una condotta, secondo i giudici, non compatibile con quella di un innocente di fronte alla morte di una persona cara.

Infine, resta l’enigma della porta a soffietto che dava sulla cantina, dove fu trovato il cadavere. Non furono rilevate impronte sul pomello e non è mai stato chiarito se la porta fosse normalmente lasciata aperta dalla vittima.

Ipotesi su mandanti e moventi

Lovati arriva a ipotizzare un movente completamente diverso da quelli considerati finora. Chiara Poggi, secondo una teoria che lui stesso definisce “suggestiva”, sarebbe stata uccisa da un sicario, incaricato da una presunta organizzazione criminale per metterla a tacere in seguito a scoperte legate ad ambienti di pedofilia. Sempre secondo questa ricostruzione, Stasi sarebbe stato costretto a coprire i veri responsabili, ricevendo in cambio l’impunità.

Una narrazione priva di prove concrete, come ammette lo stesso legale, che però continua ad alimentare dubbi su una vicenda che, nonostante la condanna definitiva, non ha mai smesso di dividere l’opinione pubblica.

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