La Dda ha indagato i genitori di Emanuele Sibillo per estorsione, violenza privata e associazione mafiosa in concorso. Come riporta il Corriere del Mezzogiorno il procedimento nasce per l’altarino con le ceneri del baby boss di camorra, che fu rimosso ad aprile scorso. Era stato allestito in uno spazio comune nel cortile interno dello stabile dove risiede la famiglia in via Santissimi Filippo e Giacomo.
GUAI PER I GENITORI DI SIBILLO
Per gli inquirenti non rappresentava soltanto un modo per ricordare il ragazzo morto ma era invece un “elemento di identificazione e rafforzamento del gruppo criminale nonché luogo di commissione di reati”. Vincenzo Sibillo, 55 anni, è difeso dagli avvocati Rolando Iorio del foro di Avellino e Dario Carmine Procentese del foro di Napoli. Invece la moglie, Anna Ingenito, 50 anni, è difesa dall’avvocato Iorio.
Il culto del baby boss
Lo scorso 28 aprile rimossa e consegnata alla famiglia l’urna funeraria con le ceneri di Emanuele Sibillo. Era sistemata all’interno di un altare dedicato alla Madonna atto realizzare al civico 26 di via Santissimi Filippo e Giacomo, nel cuore di Napoli, dove risiedono i Sibillo. Contestualmente il blitz coordinato dalla Dda portò all’arresto di 21 presunti appartenenti al gruppo camorristico dei Decumani.
Quindi rimossi dall’altare i simboli dedicati al baby boss, ucciso nel 2015 all’età di 19 anni, in un agguato scattato a ridosso di Castel Capuano, in un vicolo soprannominato “vicolo della morte”, roccaforte della famiglia Buonerba rivale dei Sibillo.
Il caso
La figura di Emanuele Sibillo, conosciuto anche con la sigla “ES17”, era diventata negli anni una sorta di “culto”. Appena 19enne era a capo del clan del centro storico di Napoli insieme al fratello Pasquale. Smantellata una struttura alta più di 2 metri realizzata all’ingresso del palazzo dove vive gran parte della famiglia in vico Santi Filippo e Giacomo.