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giovedì, Marzo 28, 2024
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Lancio dei missili dell’Iran, perché i militari italiani sono nelle basi americane

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I militari italiani sono rimasti illesi dall’attacco missilistico in Iraq. Dopo il bombardamento gli uomini si sono radunati nel bunker situato un’area di sicurezza ad Erbil. L’allarme è stato lanciato dagli altoparlanti della base di Baghdad all’arrivo dei razzi sulla base americana.

 

Complessivamente in Iraq si trovano circa mille militari, 400 circa proprio ad Erbil. Dal 2015 è attiva la Task Force Land dell’Esercito che ha il compito di addestrare le forze di sicurezza curde.

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I 120 istruttori partecipano al Training Coordination Center in Kurdistan, il cui comando è attribuito per un semestre all’Italia e alla Germania. Le altre nazioni che fornisco gli addestratori sono Olanda, Finlandia, Svezia, Gran Bretagna, Ungheria, Slovenia e Turchia.

LA DICHIARAZIONE DEL MINISTRO DEGLI ESTERI LUIGI DI MAIO

È accaduto quello che temevamo. L’Iran ha risposto al raid Usa lanciando decine di missili contro le basi militari di Ayn al-Asad e di Erbil in Iraq. Entrambe ospitano personale della coalizione internazionale anti-Isis, di cui fa parte anche l’Italia. Seguiamo con particolare preoccupazione gli ultimi sviluppi e condanniamo l’attacco da parte di Teheran. Si tratta di un atto grave che accresce la tensione in un contesto già critico e molto delicato.
In queste ore difficili esprimo a nome del governo anche tutta la mia vicinanza ai nostri militari e li ringrazio. Purtroppo è la storia che si ripete. Invitiamo entrambe le parti alla moderazione e alla responsabilità. La regione vive una instabilità da decenni, una nuova guerra spingerà la proliferazione di cellule terroristiche e di nuovi flussi migratori. Non è più accettabile tutto questo. Si apprenda dagli errori del passato e si torni al dialogo.
Intanto dopo il vertice di ieri a Bruxelles e la mia visita in Turchia, oggi sono in viaggio verso Il Cairo, per discutere ancora di Libia e della situazione in corso. Questa sera sarò ad Algeri. L’Ue non può restare immobile, l’Ue non può mostrarsi divisa ma deve parlare con una sola voce. E a proposito di quanto riportato da alcuni organi di stampa, in sede europea non si è mai parlato di riattivare Sophia, al contrario. Pensiamo invece che servano misure serie per attivare e soprattutto far rispettare un embargo complessivo via terra, via aerea e via mare nel Mediterraneo. Bisogna smetterla di vendere armi, bisogna fermare ogni interferenza esterna in Libia.

 

 

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