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giovedì, Aprile 25, 2024
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Le mani dei boss sui compro oro, 5 arresti e 27 indagati nel blitz: sequestro da 5 mln di euro

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A Palermo la guardia di finanza ha dato esecuzione a un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali nei confronti di cinque persone accusate di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, riciclaggio, ricettazione ed estorsione aggravati. Disposto anche il sequestro di cinque imprese operanti nel settore del commercio dell’oro, nonché di somme di denaro, oro, disponibilità finanziarie, beni mobili registrati, immobili e aziende nella disponibilità di 27 indagati, fino alla concorrenza di circa cinque milioni di euro. 

Le indagini

L’attività investigativa è scattata da alcune segnalazioni di operazioni sospette e dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia che avrebbero permesso di raccogliere elementi su un meccanismo di riciclaggio di oro che sarebbe stato messo in atto da una società palermitana la quale, sulla base delle direttive impartite dal mandamento mafioso di Porta Nuova a Palermo, avrebbe agito da collettore di grandi quantità di oro raccolto nel territorio di riferimento sia da ladri o rapinatori sia dai ricettatori. Sarebbe emersa l’esistenza di un sistema illecito che esercitava un capillare controllo sulle attività di riciclaggio e ricettazione dei metalli preziosi che arrivava dal circuito criminale.

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Modus operandi

La società, che sarebbe stata finanziata sul nascere dall’allora reggente della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio, nel triennio 2016-2018, ha dichiarato operazioni di cessione di oro per oltre 2,19 tonnellate, per un controvalore di oltre 75 milioni di euro. In particolare, in base agli elementi raccolti dai finanzieri, sarebbe emerso che, in una prima fase, il metallo prezioso sarebbe stato sottoposto a un processo di fusione per essere poi ceduto ad altri operatori del settore sotto forma di lingotti. Per ridurre i rischi e dare una parvenza di legalità alle grandi quantità di oro movimentato, gli imprenditori si sarebbero serviti di soggetti esercenti l’attività di “compro oro”, rispetto ai quali sarebbero emersi gravi indizi di reato in ordine all’emissione di false fatture di vendita.

Nei mesi scorsi, è poi arrivato il racconto di un nuovo collaboratore di giustizia, un ex picciotto del clan, che ha deciso di saltare il fosso: un racconto importante, che ha confermato quanto già ricostruito dagli investigatori. Cosa nostra palermitana continua a manifestare una grande capacità di riorganizzazione nonostante arresti e processi: una riorganizzazione trainata soprattutto dalla forza degli affari, illeciti e leciti, in un meccanismo continuo di reinvestimenti. Quattro anni fa, un altro blitz antimafia aveva svelato che erano i soldi del traffico di stupefacenti a finanziare compro ora e centri scommesse.

Scrive la Guardia di finanza: “E’ emersa l’esistenza di un sistema illecito che esercitava un capillare controllo sulle attività di riciclaggio e ricettazione dei metalli preziosi di provenienza delittuosa”. Una società, in particolare, “sarebbe stata finanziata sul nascere dall’allora reggente della famiglia mafiosa di Borgo Vecchio: nel triennio 2016-2018, ha dichiarato operazioni di cessione di oro per oltre 2,19 tonnellate, per un controvalore di oltre 75 milioni di euro”. Un giro d’affari enorme. Prima, l’oro veniva fuso e sistemato in lingotti. Poi, venivano simulate cessioni con altri compro oro, in un giro vorticoso di false fatture.

 

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