Un dito sulla bocca, pochi sguardi e nessun accenno all’evento che poteva costargli la vita. E’ questa una delle incongruenza evidenziate dalla difesa su Salvatore Nurcaro, reale obiettivo dell’agguato di piazza Nazionale lo scorso 3 maggio. Il 32enne ricoverato in ospedale dopo essersi svegliato in presenza dei parenti non fa mai accenno all’agguato subito: nessuna parola nè rimando. Anzi, con il tipico gesto di chi induce al silenzio gli altri, fa capire ai parenti presenti nella stanza di non proferire parola. Come se sapesse fin dal primo momento di essere intercettato. E’ questo uno dei particolari emersi dagli ultimi riscontri investigativi sull’uomo scampato alla morte, agguato per cui sono indagati i due fratelli Armando (come esecutore materiale) e Antonio (per favoreggiamento) Del Re. Si tratta di particolari inediti riguardanti l’uomo che ha ammesso sì di aver riconosciuto il killer senza mai fare però il nome di Del Re. Una certezza, quella di Nurcaro, ribadita sia in ospedale che a casa dove le cimici della Procura lo registrano più volte parlare con la compagna dell’agguato e ripetere «So chi è stato», ma di quel nome mai un accenno.
Un’incongruenza già sollevata dalla difesa (avvocato Claudio Davino per Armando Del Re, Antonella Genovino e Leopoldo Perone per Antonio) che sul punto promette battaglia. Tra le altre novità emerse c’è quello che succede in ospedale pochi giorni dopo che il 32enne viene dichiarato fuori pericolo. Nella stanza, oltre a Nurcaro, c’è suo fratello Vincenzo. I due riescono a localizzare la cimice e Vincenzo con un telo la copre. Anche in quell’occasione i due congiunti non parlano mai dell’agguato nè dei commenti relativi ai fatti di piazza Nazionale. Tutto molto strano.
