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mercoledì, Aprile 24, 2024
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Racket da 70mila euro in un bar a Villaricca: condanne ridotte per Mallo, Cacciapuoti e Denise

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Condanne ridotte in appello per Walter Mallo e altri due complici accusati di aver chiesto il pizzo in un bar di Villaricca. Il giovane ras del Don Guanella dalla lacrima tatuata (difeso dall’avvocato Giovanni Lo Russo) si è visto ridurre la condanna da 7 anni e 6 mesi a 5 anni e due mesi. C’è stata, dunque, una riduzione di due anni grazie all’arringa dell’avvocato difensore Lo Russo. Stessa pena anche per Vincenzo Danise, a cui sono stati inflitti 5 anni e 6 mesi, mentre Domenico Cacciapuoti, nipote del ras di Villaricca Luigi, ha incassato 4 anni di carcere. Il processo si è svolto col rito Abbreviato.

L’operazione risale al maggio del 2017. Walter Mallo, dopo i contrasti nella Sanità e l’esilio volontario nel rione don Guanella, non era rimasto con le mani in mano. Anzi, aveva subito attuato un piano per diventare ancora più forte, alleandosi a Napoli con i nemici dei Vastarella (gli Esposito-Genidoni) e con i Ferrara-Cacciapuoti in provincia, precisamente a Villaricca.
Come primo atto, i due gruppi di mala (quest’ultimo e Mallo) avevano messo sotto pressione il titolare di un bar nella cittadina fino a costringerlo a pagare un “pizzo” di 70mila euro. Ma i tre furono incastrati dai finanzieri del Gico, su indagini coordinate dalla procura antimafia.
Dalle indagini emerse  che Walter Mallo, Giovanni Denise e Domenico Cacciapuoti più volte erano entrati nel bar di Villaricca preso di mira per estorcere soldi al titolare.
La prima “bussata” risale a marzo 2016 e le sgradite visite dei tre uomini sono continuate fino ad aprile inoltrato. Alla fine del mese l’uomo avrebbe pagato la prima di tre rate, dopo aver presumibilmente chiesto di versare la somma in più tranche, Secondo gli inquirenti, il gestore del locale inizialmente avrebbe cercato di far intervenire in suo favore alcuni intermediari. Ma il tentativo di intercedere con gli autori della richiesta estorsiva era fallito e sia pur faticosamente, il proprietario aveva pagato la tangente dopo aver venduto in tutta fretta un’autovettura per reperire la somma. I soldi poi, furono divisi equamente tra i due clan. L’uomo, intimidito, non ha sporto denunciato e ha collaborato parzialmente con gli inquirenti solo quando, attraverso le intercettazioni telefoniche, la vicenda è venuta a galla.

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Il precedente su Walter Mallo

Mallo era stato già scagionato dall’accusa di essere un camorrista.  Il Pm aveva chiesto 8 anni di reclusione per Mallo (sempre difeso dall’avvocato Giovanni Lo Russo) nell’ambito del processo, con rito Abbreviato, che lo vedeva imputato per partecipazione ad associazione camorristica poichè accusato di far parte del clan Genidoni-Esposito, cosca che ha fatto la guerra con i Lo Russo di Miano. Secondo l’accusa Mallo si alleò con l’organizzazione della Sanità per far fuori i Capitoni attraverso stese e raid. Il gip, accogliendo la tesi dell’avvocato Lo Russo, ha assolto Mallo perché il fatto non sussiste.

Si tratta, dunque, di un’altra vittoria per l’avvocato Lo Russo che già nel settembre del 2017 fece annullare l’ordinanza a carico di Mallo, il quale da una parte era considerato il capo e promotore di una nuova cosca, dall’altra era ritenuto partecipe al clan Esposito-Genidoni della Sanità. Una contraddizione fu fatta emergere dal difensore e che portò all’annullamento dell’ordinanzanonostante le gravissime accuse a suo carico.

Mallo veniva definito un “uomo della Sanità che dopo l’uccisione del ras Pierino Esposito prende atto della crisi del gruppo Genidoni e si posta nel Don Guanella nel tentativo di conquistare le piazze di spaccio prima controllate dai Capitoni”. Dunque il giovane ras veniva considerato come “uomo al servizio del clan della Sanità”, anche sulla base delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Carlo Lo Russo e Rosario De Stefano e da quanto emerge dalle intercettazioni ambientali.

Accuse che, visto l’esito del processo, non hanno retto in sede dibattimentale portando alla sua assoluzione.

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