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Tassa di 2 euro sui pacchi “low cost”: stangata per chi compra su Shein, Temu e AliExpress

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Dal 2026 chi compra su piattaforme come Shein, Temu, AliExpress e in generale da siti extra Ue potrebbe pagare un contributo fisso di 2 euro per ogni pacco ”low cost”, cioè sotto i 150 euro di valore, in arrivo in Italia.

La misura è inserita negli emendamenti alla manovra 2026 e anticipa una stretta che l’Unione europea vuole rendere obbligatoria per tutti gli Stati membri nei prossimi anni.​

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Tassa di 2 euro sui pacchi extra Unione Europea: stangata per chi acquista su Shein, Temu e AliExpress

Il prelievo previsto è di 2 euro per ciascuna spedizione proveniente da Paesi extra Ue, con valore dichiarato non superiore a 150 euro, la fascia in cui si concentrano la maggior parte degli ordini di fast fashion e piccoli gadget dalla Cina. Tecnicamente non è una tassa sul singolo prodotto ma sulla spedizione: si applica quindi sia a un ordine da 3 euro sia a uno da 40 euro, purché rientri nella soglia di valore.

Secondo le ipotesi emerse, il contributo verrebbe aggiunto direttamente al checkout e riscosso tramite i soggetti che gestiscono l’importazione o la consegna (corrieri, operatori postali, piattaforme che fanno da ”importatore unico”). La norma si coordinerebbe con la fine dell’esenzione dai dazi per i pacchi sotto i 150 euro decisa dall’Ecofin, che già dal 2026 estenderà i dazi anche alle micro-spedizioni.

Colpite le piattaforme di e-commerce extra Ue specializzate in prodotti low cost

Il target principale sono le piattaforme di e-commerce extra Ue specializzate in prodotti low cost, in primis Shein, Temu, AliExpress e in parte TikTok Shop, che riempiono l’Italia di micro-pacchi da pochi euro. A essere interessati sono soprattutto abbigliamento fast fashion, accessori, elettronica low cost, prodotti per la casa e cosmetica a basso prezzo, spediti quasi sempre in collis singoli.

Per gli utenti che fanno molti piccoli ordini il rischio è di vedere lievitare il conto finale: su acquisti da 3-5 euro, un sovrapprezzo fisso di 2 euro può raddoppiare o triplicare il costo effettivo del prodotto. Il governo punta però anche a spingere verso carrelli più ”pieni” e ordini meno frammentati, riducendo il numero di spedizioni di importo minimo che intasano logistica e ultimo miglio.

Perché è stata prevista la tassa e cosa succede ora

La tassa da 2 euro si inserisce in un quadro europeo già in rapido cambiamento: l’Ue ha deciso di eliminare l’esenzione dai dazi sotto i 150 euro e valuta una tariffa unica europea di 2 euro per pacco, proprio per contrastare l’import massivo di merci a basso costo dalla Cina e riequilibrare la concorrenza. Italia e Francia spingono per anticipare la stretta al 2026, con una soluzione transitoria che consenta ai singoli Stati di incassare subito il contributo sulle micro-spedizioni.

A Roma la misura viene presentata come un «passo avanti contro la concorrenza sleale» denunciata dal commercio tradizionale e dalla moda italiana, che soffrono l’aggressività dei prezzi delle piattaforme extra Ue. Il gettito potenziale stimato si aggira, a regime, su alcune centinaia di milioni di euro l’anno, risorse che il governo intende usare per coprire altre voci della manovra.

Nel breve periodo l’impatto più evidente sarà sulla psicologia d’acquisto: un contributo fisso per pacco rende meno conveniente il singolo ordine impulsivo da pochi euro, spingendo i consumatori a concentrare gli acquisti o a tornare a canali europei con prezzi più trasparenti. Alcuni big dell’e-commerce potrebbero decidere di assorbire in parte il costo per non perdere quote di mercato, incorporandolo nel prezzo dei prodotti o nei servizi di spedizione.

Resta da capire se 2 euro saranno davvero sufficienti a frenare il boom dello shopping ultra-low cost o se si limiteranno a diventare l’ennesima voce in più in fattura. Di certo, per chi vive di offerte su Shein, Temu e AliExpress, dal 2026 ogni pacco farà un po’ più male al portafoglio, trasformando quella che finora era percepita come ”spesa leggera” in un’abitudine più costosa e, forse, meno automatica.

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Nicola Avolio
Nicola Avolio
Giornalista pubblicista, mi sono avvicinato per la prima volta alla professione iniziando a collaborare con la testata "La Bussola TV", dal 2019 al 2021. Iscritto all'albo dei pubblicisti da giugno 2022, ho in seguito iniziato la mia collaborazione presso la testata "InterNapoli.it", e per la quale scrivo tuttora. Scrivo anche per il quotidiano locale "AbbiAbbè" e mi occupo prevalentemente di cronaca, cronaca locale e sport.
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