Nel 2019 aveva inserito nel suo stato di famiglia la sorella, dichiarando che quest’ultima fosse anch’ella disoccupata, per poter percepire il reddito di cittadinanza. La sorella però un lavoro lo aveva, seppure illegale: vendeva al dettaglio sigarette di contrabbando.
La richiesta del reddito di cittadinanza
La Corte dei Conti ha condannato la sorella a restituire 2135 euro all’Inps oltre agli interessi ed alle spese di giudizio. Secondo la corte, infatti, l’uomo avrebbe dovuto indicare la fonte di guadagno della sorella, se pure illecita. Protagonista della vicenda E.D.M., una signora di Torre del Greco che il 6 marzo 2019 aveva inoltrato la richiesta di incassare l’assegno per il reddito di cittadinanza destinato a chi non aveva un lavoro.
“Le indagini svolte dalla Guardia di Finanza in data 11 marzo 2019 e 11 novembre 2019, nonchè gli accertamenti effettuati dall’Arma dei Carabinieri in data 18 settembre 2019 e I ottobre 2019 avrebbero acclarato come la sorella dell’istante, espressamente dichiarata nella domanda di concessione sottoscritta dalla convenuta quale componente del nucleo familiare non occupata, L.D.M., esercitasse in realtà l’attività di venditore al dettaglio di tabacchi lavorati esteri di contrabbando e fosse stata già colta all’atto dello svolgimento di tale attività illecita” così recita la sentenza.
“Tra i redditi percepiti che quindi qualificano la componente del nucleo famigliare come occupata e percettrice di reddito – figurano anche quelli di provenienza illecita od irregolare, come previsto dall’articolo 6, comma 1 del testo unico delle imposte sui redditi“. Avrebbe dovuto quindi dichiarare all’Inps la presenza di altri guadagni, seppure illeciti.
“Nel caso di specie poichè la sorella della richiedente, L.D.M., figurava residente e convivente con la richiedente, tanto imponeva di considerarla a tutti gli effetti nella dichiarazione da compilare ai fini del calcolo della Isee” dicono i giudici.