Tre anni e tre mesi. Questa la decisione della Cassazione dopo l’ennesimo annullamento per Salvatore Taglialatela (difeso dagli avvocati Leopoldo Perone e Antonio Rizzo) e Mauro Cirullo (difeso da Giuseppe Perfetto).
Soldi per i carcerati, nuovo sconto nel terzo appello per i ras dei D’Amico
La vicenda è relativa ad un episodio estorsivo che vedeva coinvolti i due imputati, indicati come appartenenti al clan D’Amico, in merito ad una richiesta di denaro per i carcerati. Secondo l’accusa (l’inchiesta è del 2018) gli uomini del gruppo di San Giovanni a Teduccio creavano società ad hoc ed emettevano fatture per lavori inesistenti.
Fatture che poi venivano fatte liquidare a degli imprenditori vessati per ‘fare un regalo ai carcerati’. Per la Procura in questo modo si cercava di far passare per ‘pulite’ operazioni che avevano come base una società, intestata a un prestanome, ubicata all’estero. In primo grado avevano rimediato 10 anni. La Cassazione inizialmente aveva annullato la sentenza escludendo l’accusa di estorsione consumata.
Nel nuovo appello i due ras rimediarono sei anni e otto mesi: dopo quest’ultima decisione intervenne un nuovo ricorso in Cassazione che rimandò nuovamente ad un nuovo giudizio d’appello con condanna a tre anni e dieci. Dopo l’ennesimo ricorso in Cassazione, con nuovo annullamento, i due ras hanno rimediato tre anni e tre mesi con rideterminazione finale della pena.
Dalle indagini emerse che il boss D’Amico aveva creato una società, la “Gip Metallica”, intestata a un prestanome, con sede all’estero e conti correnti attivi in diverse banche e attraverso di essa faceva riciclaggio ed estorsioni agli imprenditori facendo fatture false e tra l’altro non pagando neanche l’Iva e quindi danneggiando due volte le imprese. Il biglietto in cui si chiedeva al familiare dell’imprenditore di pagare il bonifico era rivolto a padre e figlio originari di San Giovanni a Teduccio ma da anni trasferiti a Parma dove avevano messo in piedi una società di Impiantistica.


