La Suprema Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso avvocati Dario Vannetiello, Antonio Russo, Giuliano Russo e Celestino Gentile, ha annullato la condanna all’ergastolo inflitta dai giudici partenopei a Francesco Napolitano e Michele Olimpio, reggenti del clan Mallardo ritenuti dalla Direzione antimafia elementi di vertice dell’organizzazione malavitosa componente la cosiddetta “Alleanza di Secondigliano”.
A Napolitano veniva contestato di essere il mandante dell’uccisione – per motivi di epurazione interna – di Mario Di Lorenzo, omicidio avvenuto il 12 ottobre 1996, a Giugliano in Campania, per mano di Michele Olimpio e di Caracallo Filippo, quest’ultimo divenuto collaboratore di giustizia e principale fonte di prova a carico di Napolitano.
L’omicidio era aggravato sia dal metodo mafioso sia dall’aver agevolato il clan Mallardo.
Il procuratore generale aveva invocato la inammissibilità di tutti i ricorsi.
La decisione della Cassazione ha quindi annullato le motivazioni poste alla base della sentenza emessa il 6 ottobre 2023 dalla Corte di assise di appello di Napoli, la quale aveva confermato la sentenza di condanna, sempre all’ergastolo in primo grado del 12 marzo 2021.
In sostanza hon hanno retto le accuse messe nei confronti nei confronti di Francesco Napolitano e Michele Olimpio dai pentiti.
Il Procuratore Generale aveva invocato la inammissibilità di tutti i ricorsi.
Ma le penetranti argomentazioni formulate dal collegio difensivo hanno fatto franare la motivazione resa nella sentenza emessa in data 06.10.2023 dalla Corte di assise di appello di Napoli, la quale, a sua volta, aveva confermato la sentenza di condanna, sempre all’ergastolo, irrogata in data 12.03.2021 dai giudici di primo grado.
Non hanno retto le accuse elevate nei confronti dagli accusati dai due pentiti nonostante apparivano sino ad oggi riscontrate dalle intercettazioni ambientali svolte a casa di Michele Olimpio ove costui avrebbe raccontato alla sua compagna le fasi della esecuzione di tale omicidio.
La decisione assunta dalla Cassazione appare senza dubbio sorprendente alla luce della solidità delle prove acquisite nel processo.
Solo il deposito della motivazione da parte della Suprema Corte consentirà di comprendere quale cavillo giuridico ha portato i giudici capitolini a non credere alla versione resa da Filippo Caracallo, il quale si era autoaccusato di aver fatto parte del commando omicida, esplodendo lui i colpi mortali, accompagnato nella esecuzione da Michele Olimpio, esecutori materiali che avrebbero agito su specifici e distinti mandati ricevuti da Francesco Napolitano.